lunes, 3 de marzo de 2008

Taller de Cine de la Costa



Taller de Cine de la Costa

3 comentarios:

Anónimo dijo...

Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi
Cinema Anima, Cinema Vento, Cinema Spirito Santo, Cinema Vita. Così Occhiuzzi definisce il suo movimento ultrarealista. Un cinema etereo e ultraterreno, reale e figurale. Di protesta e di redenzione…


“Ho sentito un palpito, poi mi è venuta un’idea”. Inizia così Il re del vento, lungometraggio del regista uruguayano Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi (Montevideo, 1975). Inizia così un viaggio dantesco con una telecamera a mano, un film-metafora, anzi vera e propria figura del destino dell’uomo, scritto nell’imperscrutabile disegno divino, ma libero come il vento che soffia su una Montevideo tanto reale quanto irriconoscibile. La religiosità animistica degli avi su cui s’innesta perfettamente un cattolicesimo visionario hanno da sempre dato vita nell’arte latinoamericana a quell’affascinante coesistenza di realismo e surrealismo che ritroviamo in pittori come Rivera o Siqueiros. Nel film di Occhiuzzi ogni cosa è ciò che è, ma nello stesso tempo è qualcos’altro. Il reale è ultra-reale, più vero del vero: “io nel mio cinema riprendo la realtà così come lo fa la macchina, in quella realtà scorgo qualcosa di più grande e significativo, oltre la realtà e il cammino per scoprire quella realtà è anche esplorare la realtà nei suoi minimi dettagli.”
Agustin, un ragazzo su una motocicletta in giro per le vie della città, diventa un essere mitologico a cavallo di un animale meccanico dall’unico, grande occhio luminoso. “Il re del Vento, nato dal fiume della Plata, il vento Pampero e lo Spirito Santo, figlio dell’Acqua, del Sole, della Luna e delle stelle, liberatore delle anime e del popolo”, recita come una nenia la voce narrante del regista, mentre l’eroe antico ci conduce in mezzo alle forze oscure della natura. La visione, in un bianco e nero molto sfocato, dai toni a tratti morbidissimi a tratti abbaglianti e duri, diventa sempre più difficile, quasi astratta, come se lo spettatore venisse trasportato al centro di una tempesta nel giorno del giudizio. Poi il vento, la voce di Dio, potente e suggestivo protagonista del film, si placa.

E il giro in moto riprende il suo ritmo scanzonato e giocoso fino a raggiungere il Palazzo Legislativo di Montevideo. Qui la telecamera, dapprima malferma nel seguire la corsa di Agustin, indugia: il centro del potere al calare delle tenebre è un mostro enorme e luminoso, granitico e silenzioso. Emerge il sostrato politico del film, la protesta silente contro un potere indifferente alla miseria di un paese dal nobile passato e ridotto a periferia nordamericana.
È evidente il richiamo al Cinéma Nôvo, movimento sperimentale brasiliano degli anni Sessanta con cui Occhiuzzi ha molti debiti: il richiamo al neorealismo italiano nell’uso di attori non professionisti e di uno stile documentaristico, l’uso polemico di mezzi poverissimi in contrasto alle tecnologie hollywoodiane, l’immediatezza della camera a mano, la narrazione ellittica. Il contenuto politico, però, in quei film il protagonista indiscusso, qui è solo uno degli elementi, insieme al racconto autobiografico, alla riflessione sulla morte, alla ricerca di Dio, di un affresco accorato e sincero dell’umanità intera. Anche il continuo rivolgersi alla telecamera degli attori dei film sperimentali brasiliani, nel cinema di Héctor si traduce in un coinvolgimento più diretto dello spettatore nella realizzazione del film: il regista, che in alcuni momenti usa la telecamera come fosse un prolungamento della propria anima, in altri rende il processo filmico del tutto scoperto (“ho perso il fuoco; spostati più al centro; erano meglio le lenti arancioni”) nel tentativo di spezzare il binomio cinema-finzione e di ‘redimere’ il cinema dalla sua ormai secolare falsità.

Questo aspetto meta-linguistico assume un valore morale perchè incrina e sconvolge del tutto il rapporto personaggio/spettatore e regista/spettatore, presentando eventi e personaggi veri dove egli si aspetta solo simulazione ed artificio.
La qualità estetica, quasi pittorica, delle immagini, al tempo stesso morbide e disturbanti grazie all’uso di una telecamera a bassa tecnologia, si ripropone nelle fotografie dello stesso regista. Immagini effimere e realistiche come apparizioni divine.


Barbara Improta


Ultrarealismo – Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi


















Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi ha fondato il movimento Ultrarealista che si propone di umanizzare il cinema tramite un realismo dai forti valori umani.

La macchina e l’uomo. Una dicotomia apparentemente in continuo conflitto ma elemento essenziale del nostro essere. Almeno da quando Ned Ludd per primo sentì l’esigenza di scagliarsi contro uno strumento tecnologico. Era il 1779. Da allora l’uomo ha preso consapevolezza che la macchina è non solo un elemento ormai irrinunciabile del proprio habitat esistenziale, ma è parte integrante del nostro stesso universo cognitivo. A volte questo concetto di base passa quasi inosservato. In arte si parla del rapporto uomo-macchina solo quando questo è evidente per lo più superficialmente, in installazioni futuristiche, giochi di luci, creature mutanti, dove in realtà la tecnologia è ingabbiata in una forma ludica, apparentemente inoffensiva, ma sovrasta l’uomo.
E’ affascinante invece andare ad indagare quei casi in cui la macchina è talmente silenziosa da non apparire evidente, ma si fa elemento tecnologico perfettamente integrato nella psiche di chi lo utilizza riuscendo in un impresa isperata da Nedd Ludd: umanizzare la macchina.
Hector utilizza gli strumenti di registrazione dell’immagine (sia essa in movimento, sia essa fissa) come una perfetta estensione della propria percezione del mondo. Registra con naturalezza e riesce a mostrarci non quello che ha visto, un reportage come potremo fare tutti, ma esattamente quello che ha provato di fronte ad una determinata situazione, la sua atmosfera emotiva. Per lui la macchina da presa o la fotocamera sono direttamente collegate al cuore, al proprio universo affettivo sensoriale. Un giro in motocicletta, non è la rappresentazione visiva di viaggio su due ruote, ma la presentazione di quella precisa sensazione del momento. E’ come se Hector riuscisse a trasmettere allo spettatore un sua propria realtà interiore, come un ricordo personale, sfuocato, senza tempo, in cui entrano tutti gli stati emotivi legati ad una particolare esperienza. Con la macchina da presa sembra trasformare il mondo tutto in un’opera d’arte, proprio perché non cerca di descrivere il soggetto, ma cattura e registra la sensazione da esso suscitata. Da qui partirei per spiegare L’Ultrarealismo, movimento cinematografico, ma direi dell’immagine, che si propone di andare oltre la realtà, mostrare la vita stessa come un’opera poetica completa, recuperando quel territorio dell’estetico a metà strada tra pratico ed artistico teorizzato da Mukarovsky e riuscendo silenziosamente nell'impresa tanto attesa di di fare emergere l’uomo in tutta la sua straordinaria essenza grazie all’utilizzo di una macchina.


Manifesto dell` ULTRAREALISMO:
Il cinema Ultrarealista teorizzato da Di Lavello Occhiuzziè figlio del neorealismo italiano. Nasce in Uruguay, la nazione a forma di cuore, in un’epoca di crisi economica, sociale, culturale, morale, politica.
L’Ultrarealismo vuole redimere il cinema, mostrare la vita e gli uomini come sono, senza filtri.
Cerca di raccontare le storie e viverle come nella vita stessa.
L’Ultrarealismo accetta la realtà della vita quotidiana, ma cerca di dimostrare che esiste una realtà più grande. Niente è per caso.
Il vero inventore dell’Ultrarealismo è Dio.
Il Re del vento è il primo film ultrarealista della storia.
L’Ultrarealismo accetta la morte come parte della vita; essa è in costante divenire. Si nasce, si cresce, si muore. Ma mai in senso assoluto. Come il sole che nasce, cresce e muore…
Lo stile e il contenuto sono strettamente correlati; se lo stile è povero il contenuto parla di poveri. L’Ultrarealismo mostra la realtà in tutti gli aspetti anche tecnicamente.
L’Ultrarealismo sente il tempo con il cuore; per questo il tempo non esiste.
L’Ultrarealismo guarda alla storia di ogni uomo; vuole entrare profondamente nel cuore di ogni persona, e nel cuore dello spettatore.
L’Ultrarealismo è una realtà interiore.

Testi critico di Massimo Lovisco


Ultrarealismo – Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi









Intervista al giovane cineasta uruguaiano fondatore dell'Ultrarealismo:
Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi

Un cinema realista e visionario, metalinguistico e altamente simbolico. Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi, regista per esigenza interiore e volontà divina, parla della sua arte d'amore e di protesta, di decadenza e di redenzione sullo sfondo del suo paese, l'antico Uruguay perennemente battuto da un vento che squarcia le nubi e rivela il mistero del sacro.

Héctor parlaci del movimento che hai fondato, l'Ultrarealismo. Intendi nel tuo cinema esplorare la realtà nei suoi più minimi aspetti o piuttosto 'andare oltre' la realtà?
L'Ultrarealismo è la mia risposta alla 'redenzione' del cinema e alla 'redenzione' dell'uomo. Dio, il nostro redentore, ha creato l'uomo ma l'uomo si è dimenticato di Lui. Il mio Movimento nasce da una mia necessità interiore di fare qualcosa per l'interiorità della gente e, in questo modo, cambiare anche la loro vita ‘esteriore'. Il mio cinema è un modo per fare del bene e per non smettere di farne. Voglio far capire alla gente che c'è una bellissima nazione che è l'Uruguay, che non a caso ha la forma del cuore, una nazione piena di cose belle, con un passato di gloria e un presente da costruire ma che, per le attuali circostanze economiche, politiche, morali e culturali, la possibilità di essere felici qui svanisce. Il problema è la mancanza di solidarietà tra gli uomini e la perdita dei nostri antichi valori cristiani.
Non a caso penso che un cinema che parli direttamente al cuore della gente non poteva che nascere in Uruguay, la nazione con la forma del cuore. Un Cinema Anima, Cinema Spirito Santo, Cinema Vento, Cinema Vita. Cinema fatto per Dio e grazie a Dio.
Per rispondere alla tua domanda, io nel mio cinema riprendo la realtà così come lo fa la macchina che ho nelle mani, in quella realtà scorgo qualcosa di più grande e significativo, oltre la realtà e il cammino per scoprire quella realtà più grande è anche esplorare la realtà nei suoi minimi aspetti.

Ho letto che ti sei ispirato al neo-realismo, movimento cinematografico nato in Italia nel dopoguerra. In che senso? In cosa il tuo cinema ricorda i film di De Sica e di Rossellini ed in cosa se ne differenzia?
I miei film ricordano quelli di Rossellini e di De Sica nel modo di sentire il cinema e nel modo di sentire la vita. Nelle mie vene scorre sangue italiano ed è parte anche della mia storia la guerra e le difficoltà del dopoguerra. Infatti io sono nato in Uruguay per via della guerra, i miei genitori erano qui a causa della guerra. In comune con il neorealismo il mio movimento ha anche la profonda necessità di far capire allo spettatore la grande umanità e il bisogno di solidarietà che hanno le persone più deboli, i poveri, gli afflitti, i malati nel corpo, i cuori distrutti dalla morte o dalla lontananza delle persone care; hanno in comune la volontà di dare spazio e risarcire quelli che la vita e il cinema delle grandi produzioni solitamente lasciano fuori di scena.
Un cinema di valori umani insomma, che racconta la vita da un posto dove il regista si sente parte della storia. Un cinema che parla di destino, di famiglia, di amore e guerra cercando di rappresentare la realtà nella maniera più sincera e umana.
Ma il neo-realismo nasce nella nazione a forma di stivale, si basa sulla realtà che guarda sì con il cuore ma con i 'piedi per terra', l'Ultrarealismo, invece, nasce nella nazione con la forma del cuore, è realtà pura ma osservata più con il cuore che con gli occhi, ed è per questo che va oltre di essa. E vuole comunicare una realtà interiore più che esteriore.
Nel neo-realismo gli attori erano spesso presi ‘dalla strada' ma recitavano un ruolo, nell'ultra-realismo gli attori sono le persone che stanno vivendo davvero quell'esperienza filmata, la storia si fa nel momento stesso in cui viene ripresa; se c'è un attore che interpreta un personaggio, allo stesso tempo egli interpreta se stesso.
Nell'Ultra-realismo non c'è uso di sonoro aggiunto o musica eccetto quello che si sente davvero nel momento delle riprese.
Infine, l'Ultra-realismo si differenzia del Neo-realismo perché la realtà che rappresenta non è solo di questo mondo ma è tutta intrisa della presenza di Dio nella vita dell'uomo. Tutto quello che accade non è casuale ma ha in Dio la sua ragione e il suo fine. E' questo che voglio comunicare nel mio cinema.


Nel tuo film 'Il re del vento' tu filmi situazioni reali e apparentemente casuali. In realtà l'opera è molto complessa, ricca di simbolismi (il vento, la farfalla, gli uccelli, le nuvole) e di riferimenti alla situazione sociale del tuo paese, l'Uruguay. Come nasce un tuo film? Scrivi una sceneggiatura o ti lasci guidare dalle emozioni che la realtà ti offre mentre giri? Oppure costruisci la storia e la struttura del film nella fase di montaggio e selezione del girato?
Dato che tutto è scritto nel disegno divino, è lui che fa il montaggio non io! Sono le immagini stesse a scrivere, le emozioni che si generano dalle immagini dettano il cambio di scene, i movimenti dei personaggi e il loro destino. E' tutto già scritto ma nello stesso tempo è tutto libero e spontaneo. Ma l'uomo privo di questo 'senso del divino' nella vita di tutti i giorni non può percepire questo flusso, oppure non vuole farlo.
Per questo motivo il montaggio, come il disegno divino, c'è e non c'è, cerca di non farsi vedere, cerca di lasciare l'uomo libero di muoversi e vivere la sua vita in modo da permettermi di raccontare le storie con il cuore e il vento dentro, il metodo non è importante e non c'è nessuna organizzazione.
Io scopro quello che Dio mi suggerisce guardando e analizzando la realtà di tutti i giorni e lo stesso faccio con il materiale registrato, cerco di montarlo seguendo le mie emozioni e il mio modo spirituale di vedere le cose del mondo.
Dato che per me filmare è un'esigenza interiore, una sorta di vocazione spirituale, io 'sento' i miei film anche quando non sto girando. Qualche volta sono io a cambiare le scene, qualche volta è il destino che mi cambia le scene, le idee, la storia e quindi anche la mia vita.








Nel tuo manifesto, nel film come anche in questa intervista tu dici spesso che 'nulla è per caso' come a dire che è la mano di Dio che guida la tua. Ti senti 'predestinato' a fare arte per volontà divina?
In un certo senso sì, nulla è per caso. Penso che le anime si sentano intimamente spinte a fare quello che sentono di più come esigenza interiore. Io cerco l'arte del nostro Creatore nel mondo, cerco ogni minima intuizione della sua presenza e questo lo cerco nelle cose belle e semplici della vita, l'amore, la felicità. Tante impressioni purtroppo si perdono nel fluire delle cose, io cerco di catturarle; è questo il vero film ultra-realista, il nostro io interiore e la sua percezione del mondo e di se stesso, e' un cammino spirituale, interiore. La vera arte è quella che smuove qualcosa dentro di noi e si alimenta di questo ‘qualcosa'.
Dal punto di vista tecnico ho notato che rendi sia gli attori che gli spettatori partecipi del processo di realizzazione del film. Mi sembra che tu voglia in questo modo fare una scelta di sincerità e trasparenza, voglia comunicare in maniera schietta e semplice tutto quello che ti riguarda senza dissimulare la realtà come normalmente succede nel cinema tradizionale. Qual è il tuo rapporto con il tuo pubblico? Cosa vuoi comunicare a chi guarda le tue opere?
Sì, è esattamente quella la mia intenzione. L'uomo cerca quasi sempre di farsi vedere forte, bello, invincibile quando in realtà è imperfetto. Il cinema è il luogo ideale per mentire, per dissimulare, è il regno delle illusioni, dove si cerca di dissimulare tutto e si finisce per dissimulare la nostra umanità. Soprattutto io volevo parlare di una realtà difficile, quella di fare cinema in Uruguay, senza soldi dall'estero e senza una finalità commerciale. La bellezza del mio cinema, quello che voglio comunicare allo spettatore, è proprio la sincerità, la libertà da schemi, la riscoperta di valori umani che il mondo non ha voluto mai ‘respirare'. Il mio cinema è come il vento, che si sente di più quando non c'è niente attorno, stando con gli occhi chiusi, quando la vita sembra averti abbandonato e ti senti più solo e umiliato, allora senti di più il vento, allora avverti di più lo Spirito. Il mio è un messaggio di amore e fratellanza tra gli uomini. Ed è un messaggio di povertà perché Cristo se rinascesse sarebbe di nuovo povero e morirebbe di nuovo per gli altri, difenderebbe il suo messaggio di amore e sincerità. Questo, nel mio cinema, cerco di fare e di comunicare a chi mi guarda.

"Il re del vento" è un viaggio autobiografico nel mondo dei tuoi affetti ma anche un omaggio all'Uruguay e alla sua attuale situazione socio-politica. Tu parli di 'un presente di decadenza', pensi che il cinema, e l'arte in generale, debba avere un valore 'politico' nel sensibilizzare le coscienze sulla situazione attuale del tuo paese? Come affronti questo tema nelle tue opere?
"Il re del vento" tratta di due giovani che devono fare un video-clip per l'Università Cattolica dell'Uruguay dove si paga cinquecento dollari al mese quando lo stipendio medio nel paese è di duecento dollari, e invece di fare il video clip con gli strumenti costosi dell'università utilizzano la loro videocamera, da soli, senza equipe di realizzazione.
Ma quando rivedo a casa il materiale che serviva per il video sento dentro di me che quella è la storia che voglio far vedere al mondo. La solitudine di due giovani di fronte alle grandi aziende cinematografiche che hanno tutti gli strumenti necessari per imporre il loro linguaggio e il loro messaggio, che fanno valere la forza del denaro e del potere.
In quella situazione difficile però, intendo mentre facevamo le riprese, c'era una grande, autentica passione per il cinema, c'era uno sguardo innocente, c'era amicizia e complicità, e umiltà e grandezza: due giovani, semplicemente, stavano girando un film in Uruguay cercando di fare le cose come se avessero gli strumenti adatti e facendosi guidare dallo Spirito. Così accade che tutte le scene pianificate vengono abbandonate per qualcosa di molto particolare, più interessante da vedere: "il vento soffia dove vuole, ma tu non sai da dove viene e dove va". E così si va avanti nella storia del film. E così è nato l'Ultra-realismo.
Io voglio dimostrare che si può fare cinema, come tante altre cose, anche senza soldi, voglio sensibilizzare le coscienze soprattutto su questo stato di dipendenza morale e culturale, oltre che economica, dagli Stati Uniti. Le persone sono capaci di pensare e devono farlo con la propria testa, devono ritrovare la voglia di fare. Questo vorrei che arrivasse anche ai politici del mio paese, vorrei che guardassero il mio film e fossero spinti a fare il bene dalla sua forza spirituale e dal suo messaggio di umiltà, gli uomini tutti, anche quelli più potenti, sono deboli, solo Dio è forte come il vento.
Filmando semplicemente quello che vedevo è venuto fuori da sè il contesto di decadenza in cui viviamo, le immagini mostrano con evidenza quella parte dell'Uruguay che vive 'in un presente di decadenza', di questo tutti dobbiamo sentirci responsabili. La soluzione è il dialogo per una rivoluzione che parta dal cuore umano. Il film documenta una realtà politica, economica, sociale, culturale, morale e cinematografica. Ognuno deve farsi un'analisi di coscienza.

Il tuo film, come hai appena detto, è una forma di denuncia delle difficoltà per un artista come te di realizzare materialmente un'opera. Com'è la situazione culturale del tuo paese? Riescono gli artisti uruguayani ad esprimersi o sono costretti all'emigrazione?

Di tanti giovani che studiano cinema, solo due o tre possono fare cinema in Uruguay, si vive economicamente facendo della pubblicità o al massimo televisione, ma la cosa bella è capire che si può fare cinema senza soldi, utilizzando l' immaginazione, l'intelligenza, e se vuoi fare qualcosa per 'illuminare' il mondo, per questo esisterà un cinema ultrarealista che si farà senza soldi, e in questo modo sarà libero, e libererà l'uomo.
Uruguay è una nazione di tre milioni di abitanti. E una nazione giovane, ma è tanto grande e piena di risorse, un uruguaiano ha vinto l'oscar per la migliore canzone, l'Uruguay ha vinto il mondiale di calcio due volte, o forse quattro contando anche le olimpiadi previe al mondiale. L'Uruguay è quasi sacro, e tanto ricco culturalmente, la sua musica, la letteratura, il suo cinema poco valorizzato nel nostro paese. Ma l'Uruguay non può vivere dei suoi talenti, siamo in pochi, e la cultura imperante è quella degli Stati Uniti, estremamente commerciale.
Ma ora parliamo un po' di te, quando hai capito che volevi fare il regista? Quali sono gli autori che ti hanno maggiormente ispirato, i tuoi ‘maestri'?
Quando io avevo quindici anni, i miei genitori mi regalarono la videocamera con la quale ho girato "Il Re del Vento". Già a quell' epoca giocavo a fare il regista, senza sapere di essere un regista, facendo il montaggio con due video, riproduttore e registratore, aggiungevo la musica, ecc.
La bellezza della mia vita da quando sono bambino, di mia madre nella sua gioventù insieme a mio padre, i due italiani che si conoscono e si innamorano in Uruguay, mio zio Faldo italiano, che mi parlava di cinema e amore, perchè lui lavorava in un canale uruguaiano come montatore, tante cose belle da raccontare rimanevano nel mio cuore e vi rimarranno per sempre.
Ma ho cominciato a frequentare la secondaria di ingegneria informatica e il mio cuore non era felice, dopo giurisprudenza, fine a quando mi dicono di fare scienze della comunicazione e comincio ad essere soddisfatto di quello che faccio. In quel momento ricordo il primo giorno all' università, nella presentazione personale, sono l'unico a dire che vuole fare il regista, e tutti ridevano, come se fosse qualcosa di strano.
A me piace il cinema, mi piace la vita. Quando ero adolescente era un innamorato del cinema in generale, bastava una bella storia ed ero felice. M'incantava la sensazione che mi lasciava e cercavo di capire la mia vita attraverso un bel film.
I miei maestri sono stati tanti, ma tutto, quasi tutto quello che ho imparato, non lo ho messo in pratica o lo ho poetizzato a modo mio, l' ho interiorizzato, ho preso l'essenza dei film, dei registi, degli attori, fino a quando ho trovato il mio proprio stile, che è una conseguenza quasi incosciente dei film dei miei maestri, della mia esperienza da quando ho quindici anni, dalla mia essenza, della mia educazione universitaria, e poi la mia permanenza a Muro Lucano, io la macchina e la gente. Cinecittà, la fotografia di tanti maestri e tanti e tanti libri e la letteratura, e la musica. Da tutte le mie conoscenze, ho cercato di fare cinema come si avessi tutto senza avere niente, o piuttosto, con quello che avevo, poco o troppo dipende da cosa cerchi. Ho sempre voglia di fare, e faccio con quello che ho, la mia video camera o gli strumenti che mi ha permesso di utilizzare liberamente Antonello Faretta e la sua Noeltan Film, durante tutto il 2006, anche l'Università degli Studi della Basilicata e il Centro Culturale Franco Italiano di Muro Lucano mi hanno aiutato per la realizzazione del film "Un dono del cielo, il mestiere di accontentare qualcuno", e poi la mia famiglia, i miei amici, mi piace fare le cose in posti dove tutto sembra più difficile e in situazioni difficili, perchè lì trovo tanta umanità e imparo sopra tutto ad avere pazienza. A guardare le cose con il cuore e aspettare la vita eterna, godendo in modo particolare la mia vita.
Tu hai origini italiane, sono molti gli artisti americani di origine europea che hanno espresso nella loro opera il loro legame con la terra di origine. Qual è il tuo rapporto con le tue radici italiane come uomo e come artista?
Per me vivere in Uruguay è una cosa bella, ma anche una cosa diversa dagli altri uruguaiani, come avete visto nel Re del Vento mi chiamano Tano, che sarebbe italiano, e in Italia, sono l'uruguaiano o uruguayo, con questo ti sto dicendo tanto sulla mia condizione.
In Italia stanno i miei parenti, la mia ragazza, i miei amici, i miei maestri, il mio co-produttore e distribuitore (Antonello Faretta, NoeltanFilm), credo che l'Italia è la famiglia della mia arte, la casa della mia arte, e la scuola della mia arte. Uruguay e Italia sono la stessa cosa per me, parlando di emozioni e rispetto.
Oltre che regista sei anche un fotografo e scrivi racconti. Consideri queste altre espressioni della tua creatività come preparatorie al tuo cinema o indipendenti da esso? Che ruolo hanno nella tua poetica?
E' semplice, esprimono sempre la mia voglia e necessità di fare quello che faccio. La mia poetica è la mia poetica.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho finito il mio lungometraggio che si chiama: "Un dono del cielo, il mestiere di accontentare qualcuno", e poi quello chiamato "Paradiso" fatto con la NOELTAN FILM.
Ancora non ho fatto il montaggio di un altro che ho girato ha Potenza, chiamato "Non lasciarmi mai anche se non stai con me", sto per finire quello chiamato "Preghiera, los Zapallitos", che ho iniziato a girare a Potenza ma che continua qui in Uruguay e ho intenzione di farne uno in Uruguay , chiamato "Primi campioni del mondo". Adesso sto lavorando alla seconda parte de "Il Re del Vento", chiamato "Figlio del sole".
Il mio progetto presente è di essere sempre felice, sorridere con lo sguardo e il cuore, con la mia famiglia, la mia ragazza e gli amici. E girare il mondo insieme alla mia arte e condividerla con le persone che amano l'arte, e la vita, come le persone che non per caso ho conosciuto a Potenza. E dopo avere fatto tanto, ci abbracceremo...
Barbara Improta


Ultrarealismo – Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi
Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi e´ nato nel 1975 a Montevideo, in Uruguay. Ha studiato Scienze della Comunicazione con una specializzazione in scrittura creativa presso l´Università Cattolica dell´Uruguay e frequentato il Master in tecniche e pratiche della mediazione comunicativa, presso la Universitá degli studi di Basilicata. Vincitore del concorso internazione in cinema e fotografia "Joshep Stella" organizato per Il Centro Culturale Franco Italiano di Muro Lucano, ha sceneggiato, diretto, fotografiato, curato il sonoro, montato e prodotto i lungometraggi "Un dono del cielo (Il mestiere di accontentare gli altri) "Il Re del Vento" e "Paradiso". Il suo cinema ultrarealista del quale e fondatore è poderosamente intuitivo. Sono evidenti le parentele con il cinema neorealista italiano e con il cinema di Kiarostami....I film di H. Di Lavello hanno il dono della semplicità, della sincerità e della scoperta. Documentario di finzione o una finzione che documenta? Darsi una risposta a questa domanda è ciò che importa di meno. I suoi film emozionano perchè H. Di Lavello ti da´ i film così come gli arrivano. Lui la chiama provvidenza divina, dobbiamo chiamarli anche sensibilità e talento.
Ultrarealismo
© 2007 Héctor Javier Di Lavello Occhiuzzi
Info: hlavello@yahoo.com

AKADEMIA DE LETRAS Y ARTES dijo...

PROPUESTA AUDIOVISUAL PARA LA ACADEMIA

TALLER AUDIOVISUAL

Se trata de un taller donde se abordan los diferentes elementos del lenguaje audiovisual: la imagen, la fotografía, la iluminación, el montaje, el sonido, los planos de imagen, la escena, la música, para la creación de una historia.

Puede ser tanto un video de ficción como un video documental, ambos formatos cuentan historias, uno con imágenes de la realidad, otro con imágenes actuadas.

NUESTRA PROPUESTA

La narración de una historia que tenga que ver con la Ciudad de la Costa y por ende con la Identidad de cada uno de los participantes.

TALLER

En régimen de Taller de consolida un grupo el cual elige la historia para contar y se los capacita en el lenguaje audiovisual al mismo tiempo que se va elaborando el video.

PROGRAMA

Abril Consolidación del grupo
Mayo Historias de la Costa
Junio Lenguaje Audiovisual
Julio El guión
Agosto Producción
Setiembre Rodaje
Octubre Postproducción
Noviembre Difusión

REPRODUCCIÓN

Junto al Proyecto Árbol de TV Ciudad se elaboraría un programa de Televisión a ser transmitido en dicho canal.
Además este proyecto provee de la infraestructura necesaria para realizar un cine barrial, con el cañón, pantalla, equipos eléctricos, sonido, sillas.
Otro espacio posible de difusión es el Proyecto Esquinas de la Cultura de la IMM que también hace cine en los barrios, inclusive la Comuna Canaria apoya este tipo de emprendimientos con infraestructura y en Cable Plus se podría exhibir ya que los cables están obligados por ley a pasar contenidos locales.

CONTACTO

Matías Medeiros
095 45 18 17
matiasmedeiros@gmail.com

AKADEMIA DE LETRAS Y ARTES dijo...

CURRICULUM VITAE



Datos Personales:

Nombre: Daiana Chaves
C.I.: 4.226.392-3
Edad: 27 años
Fecha de Nacimiento: 30/12/79
Estado Civil: Soltera
Fecha de Nacimiento: 23/08/06


Estudios Cursados:

• Primaria Completa, cursada en la Scuola Italiana di Montevideo.
• Ciclo Básico (Scuola Media), cursada en la Scuola Italiana di Montevideo.
• Bachillerato Completo, orientación Humanístico, opción Economía, cursado en el Liceo Solymar Central.
• Auxiliar Administrativa Contable, en la Academia “José Luis Rosas Riolfo”:

 Matemáticas Comercial y Financiera.
 Teoría y Práctica de Contabilidad.
 Aplicación práctica del programa de Contabilidad Central Memory en Computación.

• Computación en Instituto High Class:

 Sistema operativo MS-DOS
 Windows 2000
 Excel 2000

• Office XP Master, en curso en el Instituto Red Quilitas:

Aprobados:
 Access
 Word
 Outlook
En curso:
 2º Excel
• Curso de teletrabajo en Netgate, compra,venta y pagos por internet.

• Idiomas:
 Italiano: 9 años cursados en la Scuola Italiana.
 Inglés: 6 años cursados en la Scuola Italiana y 2 años en el Instituto Anglo.
• Participación en la Olimpíada de Decisiones Empresariales, realizada por la Universidad de Montevideo, obteniendo uno de los primeros puestos y una importante experiencia de trabajo en equipo.

Experiencia Laboral:

• Papelería Guido.
Ventas y atención al público, pedidos y atención a proveedores,
caja, libro diario, arqueo de caja, Fotocopiadora y encuadernaciones. Stock.
Desde junio de 1997 a julio del 2000.
Motivo de cese: Por cierre de la empresa.

• C.D.M. Aseco.
Centro de Monitoreo.
Cobradora y Aux. Administrativa. Facturación Figaro.
Desde mayo 2004 a octubre 2004.
Motivo de renuncia: Se me ofrece un trabajo en el cual veía un mejor futuro y
mejora salarial.

• C.I.A.N
Centro Interdisciplinario de Ayuda Neuropsicológica.
Secretaria, Recepcionista, Administrativa, Cobradora, Caja chica.
Desde octubre 2004 a diciembre 2004

Escuela de Letras de la Costa

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Espacio de Artes

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Academia de Letras

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